Contro il pregiudizio.
Una grande lezione di vita dalle parole di una adolescente di Santo Spirito Floramaria Leccese III^ N Liceo Scientifico Statale “E. Fermi” Anno 2019-2020
Nel leggere le pagine del racconto di Floramaria Leccese, una delle vincitrici del premio ‘Andate contro i pregiudizi’, bandito dall’associazione Anto Paninabella Odv, impegnata dal 2017 nella lotta contro il pregiudizio, l’esclusione, l’indifferenza, viene in mente il titolo di un bellissimo romanzo di Maria Pace Ottieri, Quando sei nato non puoi più nasconderti. Non tanto per la trama quanto per il tema, per il valore intrinseco del testo. Vorremmo poterci prendere cura dei nostri figli sempre, tutelarli dal male, dalla crudeltà, dall’ignoranza, insegnare loro il valore fondate della cultura, della bellezza, del rispetto. Eppure, nel momento esatto in cui vengono al mondo, sono esposti alla barbarie. E noi adulti possiamo accompagnarli e guidarli nella speranza che non succeda nulla che arrechi loro sofferenza. È una speranza vana. Del resto, il percorso della vita è anche questo. Antonella e la sua famiglia sono un grande esempio: il dolore che si trasforma in riscatto, senza bisogno di vendetta e un nome, quello di Antonella, che sussurra con leggerezza, in punta di piedi, a tutti i ragazzi, di non cedere e di lottare contro il pregiudizio. E Antonella diventa una compagna che ti tiene per mano e ti sussurra che non sei solo, ti sprona a tirare fuori il meglio di te. Ed è quello che succede alla protagonista del racconto breve di Floramaria, Serena, che si accorge di essere improvvisamente diventata ‘l’antipatica’, il bersaglio degli stupidi e codardi sorrisetti di alcuni compagni di classe. ‘Compagni’. Parola che incuriosisce e irrita al contempo Serena. Tanto da cercare il reale significato sul dizionario per capire quanto strani e ipocriti siano le relazioni che intercorrono tra lei e i suoi amici.Una riflessione profonda che colpisce ancora di più, perché a farla è l’autrice, una ragazza di diciassette anni. Accade così. È ‘l’improvvisamente’ che colpisce nel profondo, mentre scorrono i primi righi di questo racconto. Solo un’adolescente, che con ogni probabilità ha vissuto sulla propria pelle il pregiudizio, avrebbe potuto dirlo con più precisione. Così come chirurgicamente precisi, nella loro essenzialità, sono i momenti della giornata di Serena, descritti da Floramaria. Scanditi come le pagine di un diario, non fatto di giorni ma di luoghi. Due: casa e scuola. La casa, nido e protezione, in cui la figura della mamma è mater accogliente e premurosa e punto di riferimento costante, e scuola, disagio, tormento e straniamento. Luogo di cattivi pensieri. Questo racconto nasce dalla forza di una ragazza di gridare il disagio vissuto da tanti adolescenti e di fotografare la realtà che quotidianamente si realizza tra i banchi di scuola. Ma c’è di più. Questo racconto nasce dalla grande lezione che i ragazzi ci hanno insegnato: la resistenza. Durante la pandemia non si sono persi d’animo e hanno trovato il modo di resistere, di essere coraggiosi, di affrontare la solitudine. Quella solitudine che, come brutalmente viene fuori dalle pagine di questo racconto, ti logora dentro e manifesta fuori i segni più evidenti, oscuri solo a chi vede ma non guarda né osserva: unghie mangiucchiate, naso quasi consumato per lo sfregamento continuo, labbra sanguinanti. E sono proprio la pandemia e la clausura imposta dal covid19 a rappresentare una via di fuga per Serena. La soluzione a tutti i mali e le angherie subite. Ne scaturisce la volontà di guardare nel profondo se stessi e gli altri. Il riscatto che viene dalla consapevolezza che nessuno si salva da solo, che dedicarsi con gioia al prossimo è il primo passo per dedicarsi con amore a se stessi. Dalle pagine di Floramaria Serena sembra gridare di voler essere ‘serena di nome e di fatto’. E lo ha dimostrato a se stessa. Ed è pronta a tornare a scuola più forte e più ‘serena’, ma soprattutto, più consapevole del proprio valore. Le esperienze maturate durante la pandemia, il ritrovato amore per lo studio e per il sapere, le attività dal forte impatto sociale le hanno fatto scoprire che i pregiudizi non sempre vincono e che si può essere più forti. Le parole di Floramaria scorrono veloci, precise, immediate. Senza il filtro della letterarietà, sono vere, lapidarie. Colpiscono gli adulti, genitori, insegnanti, educatori. Fanno riflettere i ragazzi, vittime e carnefici nella triste scuola della crescita. E Come diceva Seneca, il tempo che ci è stato dato non è breve ma lo rendiamo tale, perdendoci nelle faccende più vane. E perciò vindica te tibi: rivendica il tuo diritto su te stesso. Sergio Carbonara